"Perché deve essere così importante imparare a dire grazie prego scusi e buongiorno, e come sta e altrettanto a lei, quando tra poco nessuno di noi andrà da nessuna parte, e lo sappiamo tutti benissimo, e tanto vale stare tutti quassù a mangiare susine e a guardare girare il mondo, e il sole, e a esercitarsi a far parte del nulla?"
Quando
Pierre Anthon, tredici anni, sceglie di abbandonare la scuola e di
salire su un albero per abbandonarsi al nulla, i suoi compagni di
classe decidono di raccogliere cose che abbiano un significato, per
dimostrargli quanto si sia sbagliato. Cominciano con oggetti
innocenti: una canna da pesca, un pallone, un paio di sandali. Ma,
ogni volta che qualcuno di loro rinuncia a qualcosa che lo rendeva
felice, la catasta sembra più piccola, un inquietante sussurro che
sembra insinuare: Pierre Anthon ha ragione, niente ha senso.
Così i ragazzi si spingono più in là: cedono un amatissimo
criceto, un tappetino da preghiera, un'antica bandiera, la bara di un
bambino. Le richieste del gruppo si fanno sempre più angosciose e il
Significato ancora più lontano. Qual è il confine tra sacrificio e
autodistruzione, tra ricerca del senso della vita e vendetta per la
perdita dell'innocenza che ogni incertezza comporta? Abbandonati
alla paura, i protagonisti finiscono per trascinarsi a vicenda in un
tunnel di violenza e orrore.

Janne Teller racconta una favola amara sull'essenza dell'esistenza
immergendoci in un'esperienza collettiva, dove l'io narrante si
confonde continuamente col gruppo, con l'umanità contemporanea di
eterni adolescenti che avvertono l'instabilità di un terreno che ci
è già franato sotto i piedi. All'interno della classe di Pierre
Anthon esistono poli diversi, individualità che però finiscono
sempre per riaffermare una comune mancanza, un senso d'incertezza
risvegliato dalla domanda di un compagno che ha capito che gli
adulti, invisibili nel romanzo e in una realtà priva di sicurezze,
non esistono più.

Il lettore, così vicino a questi adolescenti a cui viene
precocemente strappata la speranza, ha il gravoso compito
d'interpretare la storia della Teller, che non ha mai la pretesa di
dare risposte, ma tenta piuttosto di sollevare domande cariche
d'urgenza. Qual è il modo più giusto di reagire a una crisi di
valori? Qual è quello più umano? È davvero possibile costruirsi
un'identità personale che non sfoci nell'illusione e nel fanatismo,
se si scelgono ogni giorno violenza ed estremismi?
Ripercorrendo coi giovani protagonisti nella loro cittadina -il loro
microcosmo- le tappe esistenziali che hanno trasformato gli uomini
del novecento nelle monadi che siamo noi oggi, possiamo sforzarci di
scorgere tra le righe di Niente il sogno di una ricostruzione
dell'io fondata sul'esperienza di un dolore condiviso, sulle
connessioni fra gli esseri umani e sulla propria memoria storica.
Ma, forse, il Significato -del romanzo e della vita- sta proprio in
questo ciclo misterioso, nel perdere qualcosa e trovare
qualcos'altro.
Dopo tutto impariamo il valore della vista solo quando siamo
costretti a chiudere gli occhi.
Niente (puoi trovarlo
qui)
Janne Teller
119 pagine
Feltrinelli Editore
8 €
Narrativa contemporanea
Bella presentazione...da come li descrivi nella finzione questo libro affronta un modo nevralgico del presente...la mancanza di desiderio di futuro...
RispondiEliminaHai ragione, per questo penso che questo libro sia agghiacciante ma necessario!
Elimina